ARTICOLO AGGIORNATO. “L’Esi spa non intende realizzare un nuovo inceneritore ma verificare se è possibile smaltire “materiali di diversa natura” in un forno già attivo da 20 anni”. E’ questa, in sintesi la posizione dell’azienda di Pace del Mela (Gruppo Franza) che arriva a poche ore dalla manifestazione di protesta a Palermo, davanti all’assessorato regionale all’Energia che ospiterà una conferenza di servizi in sull’argomento, organizzata dalle associazioni ambientaliste del comprensorio, della parrocchia di Archi e dalle amministrazioni della valle del Mela, che temono la realizzazione di un inceneritori di rifiuti speciali.

«Non è prevista la realizzazione di una nuova struttura – si legge in una nota ufficiale dell’azienda –  Si vuole al contrario verificare se nel processo produttivo di un forno industriale attivo da oltre vent’anni nei limiti di legge sia possibile inserire, rispetto agli elementi già smaltiti, materiali di diversa natura che in questa fase saranno introdotti in quantità ridotta senza cambiare il livello di emissioni prodotte».

Gli ambientalisti hanno chiesto la presentazione di uno studio di impatto ambinetale. «L’azienda si atterrà rigorosamente alle prescrizioni di legge, cercando di ottimizzare il rendimento produttivo dell’impianto – si legge nel comunicato – valutando scrupolosamente se dalla fase sperimentale si possa passare alla fase operativa senza modificare in maniera sostanziale la situazione attuale».

L’Esi parla anche del presunto “ricatto occupazionale” sottolienando «che al contrario ha deciso di investire nel progetto di sperimentazione proprio per rendere più competitivo l’impianto di Pace del Mela sia a livello ambientale che di sviluppo del territorio».

Infine, Esi Spa nota «con amarezza e preoccupazione come tematiche legate al mantenimento dei livelli occupazionali e a una eventuale crescita derivante dallo sviluppo imprenditoriale di un’area gravemente colpita dalla crisi economica, vengano ridotte a pantomime di strumentali personalismi».

AGGIORNAMENTO. Non si fa attendere la replica dell’Associazione Adasc sull’inceneritore Esi.

«Ci sarà un inceneritore sperimentale di rifiuti anche pericolosi così come si evince dalla delibera del Consiglio Comunale di Pace del Mela – ribatte il presidente Peppe maimone –  Infatti si legge: “la ditta Esi ha preso in considerazione la possibilità di usare le attuali risorse tecnologiche della società per effettuare attività di “Incenerimento” di rifiuti in aggiunta a quella attuale di recupero e riciclo del piombo da batterie esauste».

In particolare, secondo la nota dell’Adasc, l’attenzione è stata volta verso rifiuti sanitari e ospedalieri; fanghi, morchie e fondami di serbatoi; catalizzatori industriali rigenerabili.

«Quanto sopra descritto – continua Maimone – è inoltre presente all’interno della relazione tecnica specialistica presentata dalla Ditta Esi. I cittadini sono stanchi e stufi di subire; si aggiunge anche l’offesa alla dignità ed intelligenza e questo non può essere tollerato. I rifiuti che intende utilizzare la ditta sono classificati anche come pericolosi e il loro incenerimento produce diversi agenti inquinanti dannosi per la salute pubblica; basti pensare alle diossine e metalli pesanti. Il territorio non può tollerare altri impianti industriali potenzialmente nocivi, nemmeno sperimentali. Il gruppo Franza presenti uno studio di impatto ambientale, così come previsto dalla legge per l’esercizio di questi impianti, e dimostri che non cambieranno in maniera rilevante né la quantità né la qualità delle emissioni prodotte dall’impianto. Noi abbiamo seri dubbi perché dalla letteratura scientifica si evince benissimo quali agenti inquinanti vengono prodotti dall’impianto che la ditta ESI ha in progetto.

Poi, il discorso, si sposta sul ricattooccupazionale. «Non si può barattare il lavoro con la salute pubblica. Se l’impianto rischia di finire fuori mercato significa che non è competitivo e non in linea con le esigenze economiche, ma questi sono argomentazioni che interessano solo al gruppo Franza non di certo la collettività che è tartassata da oltre 50anni di industrializzazione e inquinamento. Nel nostro territorio bisogna parlare solo di risanamento e di programmare un nuovo modello di sviluppo alternativo a quello industriale che ha precluso il naturale sviluppo del territorio oltre a creare problemi ambientali e sanitari», conclude il rappresentante dell’Adasc.