Un anno fa se ne andava il maestro d’ascia don Fano Salmeri, ultimo erede di un’affascinante e suggestiva tradizione di costruttori di barche. Con la sua scomparsa è tramontato per sempre un ciclo straordinario della nostra storia, quello di generazioni e generazioni di abili e valenti artigiani: i Cusumano, i Vitale, i Providenti ed i Salmeri appunto. Nato nel 1930, negli anni Sessanta aveva ereditato dal padre Francesco il cantiere di contrada Vaccarella adibito alla costruzione di barche da pesca e da diporto, cantiere da lui gestito insieme al fratello Nino («Ninài») sino al 1986. Iscritto al «n.° 12 del personale tecnico alle costruzioni navali», costruì nel quartiere di S. Andrea numerose imbarcazioni da pesca, alcune delle quali ancor oggi lungo le spiagge della città.

Don Fano

 

Tra le più voluminose si ricordano le barche da pesca delle famiglie Spinola (S. Antonio, 1985, lunghezza scafo m. 9,50) e Amato (La Messicana, 1985, lungh. scafo m. 6,30), ormeggiate a Vaccarella, e quelle dei signori Ciccio Brunini (Anpagius B, 1982), Felice Cambria (1983) e Santino Cusumano (1985), tutte con scafo lungo intorno ai 7 metri e tutte gelosamente custodite lungo la spiaggetta di Vaccarella, dove lo scrivente ha potuto ammirare anche una delle prime imbarcazioni realizzate interamente da don Fano Salmeri, la barca da pesca, di proprietà della famiglia D’Amico, denominata «Orione» e costruita nel cantiere paterno nel 1957. Ad un anno dalla scomparsa di don Fano, l’auspicio è che ne venga perpetuata la memoria con una piccola esposizione permanente di suoi utensili, come quelli impiegati nel calafataggio, dai due ferri a canale alla palella ed alla mazzuola utilizzata per percuotere i suddetti ferri allo scopo di spingere la stoppa catramata già filata entro le fessure (comenti) del fasciame.

MASSIMO TRICAMO