Al via un progetto di ricerca nazionale, di durata triennale (2023-2025), del Centro Studi sulla Storia della devianza, del Crimine e della Marginalità (Cesdem), promosso dall’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo, indaga adesso le coordinate storiche sulla violenza maschile contro le donne, nell’arco di tempo compreso tra la fine dell’Ottocento e gli anni Settanta dell’Ottocento. Il gruppo di ricerca, costituito da ricercatori provenienti da diverse università italiane e centri di ricerca, è guidato dal direttore scientifico del Cesdem, il docente e ricercatore milazzese Fabio Milazzo e coordinato dal dott. Marco Bernardi, dell’Istituto cuneese.

Il progetto, i cui risultati confluiranno in un volume, prevede l’organizzazione di un convegno e una giornata di studi, oltre ad attività rivolte ai docenti e agli alunni della scuola secondaria di secondo grado.

La violenza maschile contro le donne si è alimentata storicamente grazie a un orizzonte culturale segnato da diseguaglianze sociali e asimmetrie di genere. Lungi dall’essere il frutto di una violenza “naturale”, iscritta istintivamente nei rapporti tra i sessi segnati dal “dominio maschile”, essa va ricondotta alle sue coordinate storiche e culturali. Di esse fanno parte le immagini e le rappresentazioni che la società si è data intorno alla donna, alla sua natura, al ruolo occupato in relazione alla maternità e all’accudimento della prole e al rapporto fra i sessi.

A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la riproposizione su base scientifica di consolidati stereotipi misogini, sancì l’inferiorità femminile su base biologica e sancì la costruzione di un’immagine del femminile legittimata dall’adesione a determinati ruoli sociali, a loro volta correlati alle funzioni biologiche inscritte nel corpo della donna. L’adesione o meno a quella che appunto era una definizione culturale di genere sancì il confine tra normalità e devianza femminile.