A dieci anni esatti dalla morte è stato ricordato nella “sua” parrocchia, il Sacro Cuore, padre Giuseppe Cutropia, con una messa non solo partecipata, ma anche “speciale”, per il particolare ricordo che al termine è stato fatto di uno dei sacerdoti più conosciuti e stimati a Milazzo per il proprio ruolo spirituale, ma anche per quello sociale. Padre Cutropia ha infatti legato il suo nome all’impegno per i giovani e per i più deboli, fin dal suo arrivo in città, nel 1964, anno in cui gli fu affidata la nuova parrocchia della zona – allora – più nuova ed in espansione della città, definita appunto “Sacro Cuore” dal nome della chiesa ricavata, inizialmente, da uno spoglio edificio a ridosso della campagna posta tra il Porto e la Piana.

Don Peppino Cutropia

Cutropia, che da allora fu per tutti familiarmente “don Peppino”, proveniva da un percorso di formazione salesiano, intrapreso a 11 anni partendo dalla sua città di origine, Barcellona, dove esiste una storica presenza oratoriale di quell’Ordine religioso, e ai principi salesiani, appunto, si richiamò nel mirare soprattutto a far della sua nuova parrocchia un centro di aggregazione per i giovani, grazie innanzitutto alla pratica sportiva, che lo vide appassionato, competente ed attivissimo promotore ed animatore per anni: il Gruppo Sportivo “Sacro Cuore” ha infatti fatto la storia dello sport di base milazzese per quasi mezzo secolo, dedicandosi in particolare al calcio, ma esprimendo validi atleti anche in discipline come il nuoto, il tennistavolo, l’atletica. Grazie alla sua sensibilità per le attività aggregative dei giovani, a Milazzo arrivò, alla fine degli anni Sessanta, anche lo scoutismo, grazie alla creazione, da parte di Saverio Pavone e di altri “pionieri”, del Gruppo Scout “Milazzo I°”. Da non dimenticare, nella sua attivissima parabola umana, l’impegno a favore degli emarginati, con la creazione nei dintorni di Milazzo, nei primi anni Ottanta, della comunità di recupero per tossicodipendenti “Gabbiano I°”, rimasta un caso unico, nella nostra città. L’incontro di venerdì sera è stato l’occasione per ricordare come tutte le molteplici “anime” dell’impegno di Cutropia possano essere ricondotte ad una matrice unica, che poi è quella sacerdotale: le varie declinazioni del suo ministero sono dunque forme diverse di un’unica vocazione spirituale. Cutropia ha infatti saputo coniugare, come bene è stato ricordato, alla spiritualità salesiana delle origini, quella “calcuttiana”, ispirando il proprio lavoro al fianco dei diseredati a quello di Madre Teresa (per anni la parrocchia ha avuto un attivissimo gruppo della Caritas, e ha accolto persone con disagio mentale, esistenziale, minori senza famiglia, stranieri senza un tetto), con la spiritualità carmelitana, indirizzata alla meditazione ad al silenzio, e con quella francescana, volta alla sobrietà ed alla contemplazione del creato (celebri erano i periodi di ritiro spirituale che periodicamente il sacerdote dedicava a se stesso, soprattutto nell’amata Umbria, dove concepì l’idea dell’ormai costruenda chiesa della Trasfigurazione al Ciantro). Mentre sul grande schermo posizionato nella chiesa fatta edificare dal parroco nel 1991 -appunto sul modello francescano fatto di pietre vive e scarni mattoni- scorrevano alcune immagini di don Peppino e del suo quasi cinquantennale sacerdozio (prese i voti il 4 agosto 1957), don Marco D’Arrigo ha concluso la serata facendo leggere alcune preghiere scritte dallo stesso Cutropia in forma poetica, a suggellarne il nitido spessore intellettuale e la profonda religiosità. Oggi che la società, a Milazzo e non solo, pare disperatamente alla ricerca di buoni maestri, è stato dunque rinnovato l’esempio di un “padre” in tutti i sensi, ricordando come il suo valore umano e sociale fosse una conseguenza del suo slancio spirituale.