Anche i 25 ex dipendenti Aias intervengono nella questione che li vede indirettamente coinvolti nella vicenda giudiziaria che coinvolge l’amministrazione del sindaco Carmelo Pino. In un documento, che arriva dopo quello di solidarietà dei sindacati, che difendono l’operato dell’amministrazione sotto indagine per avere firmato la proroga, scrivono che “di nutrire la massima fiducia nell’operato della magistratura”, evidenziano che nei loro confronti non c’è stato alcun favoritismo da parte dell’amministrazione comunale.

Precari del comune di Milazzo (foto archivio)

“Non riteniamo che ci sia stata forzatura o altro – evidenziano – in quanto i sottoscritti, che sono entrati nel bacino del precariato nazionale non per individuazione intuitu personae, bensì perché perdenti il posto di lavoro, da tempo lavorano al comune come Lsu, al pari di altri 300 colleghi che in tutta la Sicilia si trovano nella stessa situazione. Nel dicembre del 2005 – prosegue la nota – siamo stati stabilizzati dal Comune di Milazzo, attraverso anche una richiesta e il contestuale invio dei fondi da parte del governo nazionale. Si è poi scoperto che la stabilizzazione era a tempo cioè di appena cinque anni. Ci chiediamo che senso abbia parlare di stabilizzazione nella pubblica amministrazione quando si fanno sottoscrivere poi contratti a tempo determinato. A quel punto meglio non farli. Tant’è che alla fine dei questi cinque anni siamo stati riportati nel bacino del precariato e inseriti in apposite normative per permetterci di continuare a prestare la nostra attività seppur per appena 18 ore alla settimana e con una retribuzione dimezzata rispetto alla normalità. Norme che si applicano a tutti i precari come noi. Pertanto quale favoritismi avremmo avuto? Vorremmo altresì ricordare che i sottoscritti, proprio per tutelare i loro diritti, sono stati costretti a rivolgersi ad un legale e hanno dovuto mettere in mora l’amministrazione con un atto extragiudiziario nella consapevolezza che il percorso della stabilizzazione se attuata debba rappresentare la fine del precarietà e non un ulteriore stillicidio”, concludono i lavoratori.