MEDIA ZIRILLI. Istituto Comprensivo Terzo. Tav si Tav no: potrebbe sembrare il titolo di un pezzo rap. Allora leggo per capire… rileggo per capire… Capisco che c’è poco da capire. Non può essere che sia come io abbia capito. Dovrebbe trattarsi di un tunnel dal costo di 25 miliardi di euro per collegare due città già collegate risparmiando solo un’ora e mezza di tempo. Vabbè che il tempo è denaro, ma un’ora e mezza a 25 miliardi mi sembra eccessivo. Sarebbero circa 277 milioni al minuto! Spero di non aver capito…

Forse con quei soldi si potrebbe costruire il ponte sullo Stretto, che costerebbe un quarto di quella somma e farebbe collegare due pezzi della nostra Italia, con più di 10.000 persone e altrettanti mezzi al giorno, anziché favorire la Francia, nostra simpaticissima cugina.

Ma se Cristo si è fermato ad Eboli, perché l’Italia non potrebbe fermarsi a Reggio Calabria?

D’altronde la Sicilia sembra inutile, quasi quanto un costume da bagno sull’Etna. Tranne d’estate, però, quando di colpo tutti si ricordano del nostro mare e del nostro sole e vengono a farci visita. Allora sulle cartine e sulla bocca di tutti torna a comparire l’antica Trinacria e i suoi splendori, come il teatro antico di Taormina, la valle dei templi di Agrigento, i mosaici di Piazza Armerina, il duomo di Monreale, il borgo medievale di Erice, l’arcipelago delle Eolie, l’area industriale di Milazzo… ops sbagliato! Questa fa parte di un’altra lista, quella delle ombre di questa terra. E va messa in coda alle ferrovie ad un solo binario, dove è consigliato partire con un bagaglio con gli effetti personali e la scorta di viveri, perché si sa quando si parte ma non quando si arriva; va messa in coda alle autostrade, dove si pratica il gioco di “evita la buca” e si accettano scommesse su “indovina oggi dove sarà la frana o l’interruzione”. Ma la lista è ancora lunga e potrebbe continuare con la disoccupazione giovanile, la carenza di infrastrutture, l’arretratezza della macchina burocratica e il bisogno di dover abbandonare questa terra per poter trovare quelle cose che in altre parti d’Italia sono la normalità.

E se non lo fai è perché il legame con la propria terra spesso è più forte delle necessità, allora preferisci delle stesse necessità fare virtù. Così, nel tempo libero dalla scuola o mentre compili un curriculum vitae o vivi lo straordinario destino di un lavoro precario, finisce che ti guardi intorno e in fondo ti senti fortunato: vivi a Milazzo, un luogo meraviglioso, dove ti volti da un lato e puoi guardare l’Etna innevato, di fronte toccare con mano le Isole Eolie, dall’altro ammirare questo lembo di terra che si spinge dentro il mare, con il suo faro che sembra un dito proteso verso il cielo e le sue piscine che, per la loro bellezza, non potevano che chiamarsi di Venere.

I Laghetti di Venere a Capo Milazzo

SIMONE PICONESE III B