Il 13 novembre 2015 si è consumata l’ennesima notte di sangue ed orrore, che ha scosso l’intera popolazione mondiale, passando da Parigi a Beirut, raggiungendo con tutta la crudeltà insita in questi atti la coscienza e il cuore di tutti. A Parigi, ad opera di un commando di terroristi dell’Isis, si sono verificate tre esplosioni e sei sparatorie, delle quali la più violenta è avvenuta al teatro Bataclan dove si stava svolgendo il concerto degli Eavy of Death metal. 132 vittime e centinaia di feriti da aggiungere alle 43 vittime e 239 feriti della strage avvenuta parallelamente a Beirut nel quartiere della capitale libanese, roccaforte del movimento sciita di Hezbollah. Nei giorni successivi la notizia è balzata prepotentemente sui mass media, chiamando in causa anche gli abituali frequentatori dei social network. Fiumi di parole… sulla suggestione del momento. Ma in realtà cosa si può fare concretamente in questo così drammatico e complesso contesto?

“Chi ha qualcosa da dire, si faccia avanti e taccia” disse Kraus agli albori della Prima Guerra Mondiale. Tacere inteso come riflessione, pausa per riprendersi dall’orrore vissuto, per trovare le parole esatte con le quali descrivere qualcosa per la quale forse, non esistono parole consone, tacere inteso come quiete prima della tempesta. E nonostante io creda di dover riflettere ancora molto prima di potermi esprimere su ciò che è accaduto e che accade tutti i giorni sotto i nostri occhi, con la stessa frequenza di un bambino che gioca a palla, di un battito di ciglia, mi trovo costretta a scrivere qualcosa, un po’ dal fremito che mi percorre, un po’ dallo sdegno per questi orrori e un po’ semplicemente perché sono un essere umano, come i ragazzi morti durante l’attentato a Parigi, durante quello a Beirut, di quelli che hanno trascorso le loro ultime ore in qualche piano delle torri gemelle nel 2001, al pari degli attentatori che a colpi di kalashnikov stroncarono tante vite, dei jihadisti che ogni giorno intraprendono questa battaglia contro noi tutti e contro se stessi. Perché il tempo scorre, la ruota gira, ma noi in un modo o nell’altro ci troviamo sempre a seminare rancore e raccogliere odio. In nome di una qualche religione, etnia, tradizione, orientamento politico, introito economico, qualsiasi pretesto che possa dividerci e renderci schiavi. Schiavi di un mondo che nessuno vuole, ma tutti contribuiamo a mettere in piedi, neanche alla stregua di animali. Dopotutto un cane, un gatto, un passero non si sognerebbero mai di farsi saltare in aria, in nome poi di non so cosa. Forse tutto questo accade proprio perché ce lo dimentichiamo di essere tutti uguali e tutti fratelli, di essere tutti umani e abusiamo di tale parola usandola per ogni sciocchezza ma senza darle il giusto valore. E’ più facile al contrario uccidere, terrorizzare chiunque la pensi in modo differente, aggrapparsi ad ideali identitari ed egoistici e diventare fanatici, despoti, fabbricanti di armi, coltivatori di qualcosa di indefinito e oscuro che sta crescendo e si sta radicando sempre più nel tessuto sociale della nostra società. Non possiamo rimanere inermi dinnanzi a questo scempio, a questa distruzione costante della società, velata o palese che sia. Perché sicuramente qui non si parla di qualche commando di estremisti o di qualche cellula dormiente sparsa alla rinfusa fra i vari continenti. Qua parliamo di un sistema capitalistico che ha alimentato l’egoismo e l’avidità di molti uomini in giacca e cravatta, portandoli alla produzione di armi e allo sfruttamento dei paesi più poveri, al soggiogamento dei più deboli e alla nascita di guerre e conflitti.

La situazione appare complicata e difficile da affrontare ma non possiamo limitarci alla commozione, ad un pianto straziato dinnanzi alle riprese televisive della Parigi colpita dall’attentato o di un povero studente libanese andatosene via troppo presto. Questi avvenimenti devono farci riflettere, alimentare la curiosità e la necessità delle nostre menti di adoperarsi, impegnarsi per una lotta quotidiana e incessante contro questo fenomeno. La soluzione? Molto difficile a dirsi ma … forse il primo passo verso questa battaglia poi non è neanche così difficile. Come dice Albert Einstein, “Ricordatevi che siete uomini e dimenticatevi tutto il resto“. Sarebbe già un buon primo passo no?

Elisa Squadrito IV C Turismo

ITET Leonardo da Vinci