Quanto vale la Raffineria di Milazzo? Quasi 100 milioni di euro l’anno che finiscono dritti nelle case di famiglie, attività commerciali, enti pubblici del comprensorio di Milazzo. A stabilirlo uno studio (ancora non ultimato) dell’Università di Messina. Riportiamo il testo integrale dell’articolo pubblicato dal settimanale Centonove (n.37) a firma di Gianfranco Cusumano.

L’attività della Raffineria di Milazzo che tipo di ricadute economiche ha per il comprensorio? Se chiudesse lo stabilimento quali sarebbero i danni immediati per l’economia cittadina? Sono le domande a cui darà una risposta lo studio che sta portando avanti un gruppo di lavoro del Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Ambientali e Metodologie Quantitative dell’Università di Messina, coordinato dalla professoressa Daniela Baglieri, docente di Economia e Gestione delle Imprese. Da mesi i ricercatori dello staff stanno raccogliendo dati economici rigorosamente documentabili e intervistando fornitori della Raffineria per capire a loro volta, come investono i proventi. Lo studio sta prendendo in esame gli ultimi dieci anni, in modo da fare stime econometriche. I numeri sono notevoli. Solo nel 2013 sono stati pagati 42 milioni di euro di salari e stipendi ai 596 dipendenti diretti. Sempre l’anno scorso 48 milioni sono finiti nelle casse dei fornitori con sede in provincia di Messina e 76 milioni a quelli siciliani. Solo di imposte e tasse la Ram nel 2013 ha versato 5 milioni di tributi al Comune di Milazzo (e in piccola parte di San Filippo del Mela). Si tratta di un milione 800 mila euro di Irap; altrettanti di Imu; 625 mila euro di Tares (rifiuti). «La ricaduta economica – spiega la professoressa Baglieri – non è legata esclusivamemte agli stipendi, ma anche ai tributi che pagano al comune, all’attività delle ditte che lavorano nell’indotto, al tipo di investimenti che questi fanno e alle loro assunzioni. Addirittura stiamo acquisendo dati alla Camera di commercio per capire, ad esempio, se a Milazzo il costo di un appartamento ha acquisito valore o meno, il numero delle immatricolazioni delle auto e se queste tendenze sono state condizionate dai salari pagati dall’industria». La Raffineria ha 596 dipendenti diretti, altrettanti lavorano nell’indotto. Le ditte storiche sono di Milazzo e, secondo una prima analisi dei bilanci, non solo sono cresciute come fatturato ma addirittura acquisito commesse anche fuori regione, grazie al know how acquisito all’interno della Ram. «E’ logico che ci sono stati costi ambientali alti – ammette la docente dell’ateneo messinese – ma questo esula dalla mia competenza. Io posso porre solo una domanda: esistono progetti di sviluppo alternativo? Chi li sta portando avanti?». La scelta di 50 anni fa tracciato un solco. Anche economico. «Dai dati in mio possesso si registra un balzo anche nell’attività dei ristoranti. A mio giudizio non vi sono attività avulse. Il territorio è marcato dalla presenza di Ram la quale rilascia nel territorio non solo fumi ma anche “ricchezza”». A suffragarlo la crescita dei fatturati depositati alla Camera di Commercio dalle imprese locali dell’indotto. Alcuni esempi? La Sicem è passata da un fatturato di 5 milioni 598 del 2003 a quasi 10 milioni del 2010 (ultimo dato disponibile attualmente); la ditta Trio da 2 milioni 434 a 8 milioni 827 euro; la Maiorana da 2 milioni 524 euro a 6 milioni del 2010; Mare Pulito srl da 808 mila euro a un milione; Sicilservice srl da 606 mila euro a 982 mila euro.

GIANFRANCO CUSUMANO

(articolo tratto dal settimanale Centonove n.37/2014)