L’ostinato diniego del comune nell’impedire la sepoltura dei resti di tre defunti da parte di un cittadino milazzese ha portato il Tribunale amministrativo regionale (Tar) a intervenire per sostenere le parti del privato, mettendo fine al calvario durato due anni. Il cittadino ha già anticipato che avvierà un causa civile per ottenere un risarcimento per i danni morali e le spese sostenute per sostenere il ricorso. Il signor Edoardo Macrì ha trasferito a Milazzo, dal cimitero di Brindisi, tre cassette ossee con i resti mineralizzati del suocero, della suocera e della cognata. I tre sono deceduti nel lontano 1965, a seguito di un incidente d’auto. Il trasferimento era avvenuto su desiderio della moglie di averli vicini e per poter così portar loro più spesso dei fiori. La famiglia Macrì a quel punto ha avuto le porte sbarrate del cimitero, tant’è che le tre cassette rimangono nella sala mortuaria del cimitero di Milazzo, in attesa di tumulazione.

Edoardo Macrì

«Avrei voluto ospitarli in una mia cella cimiteriale in concessione, ma per fantasiose interpretazioni delle disposizioni locali e nazionali di alcuni funzionari comunali, non mi è stato possibile – scrive Macrì in una nota –  Ho cercato, anche per stampa di portare avanti le mie ragioni, ma è prevalsa la versione del Sindaco Pino e dell’assessore Midile: «Macrì ha torto. Noi gli abbiamo tributato tutta la nostra attenzione, ma lui ci chiede l’impossibile». Poi è spuntata un’ordinanza del Tar, al quale mie ero rivolto, che ha respinto la mia domanda cautelare e cioè la mia domanda di deporre le mie tre cassette anche provvisoriamente nella mia cella, in attesa del giudizio di merito. E subito lor signori a dire: «Macrì ha perso la causa». Tutti i giornali locali a fargli eco. Ho cercato di dire che quello non era il verdetto finale, ma nessuno mi ha dato ascolto. Dopo di che il silenzio tombale su questo argomento». La scena si è riaperta il 24 luglio scorso con una bella sentenza del TAR, in cui viene decretato : – la sussistenza del diritto dei ricorrenti ad ospitare, presso il loculo ( in forma di cella a colombaio ) di cui essi sono concessionari all’interno del cimitero del Comune di Milazzo, i resti mortali – allo stato custoditi all’interno di cassette ossee – dei propri congiunti; – l’ annullamento di conseguenza dei provvedimenti impugnati; – l’ordine all’autorità amministrativa di eseguire la sentenza. «Tale sentenza – continua Macrì – è stata peraltro emessa col rito semplificato e d’urgenza, il che avviene quando il Tribunale ravvede un ricorso chiaramente fondato, al punto da dargli la precedenza su tanti altri ricorsi in attesa del giudizio di merito. Un contenzioso che è durato quasi due anni, per non aver voluto rileggere bene le disposizioni locali e nazionali. Dal dispiacere mia moglie è ricaduta in depressione, contratta all’epoca della morte della propria famiglia di origine, una montagna di carte che ho dovuto fare, un costoso ricorso al Tar, sicuramente con delle ripercussioni a livello civilistico, per il risarcimento dei danni subiti. Ed , alla fine dei conti, chi devrà pagare sarete voi cittadini milazzesi. La mia è stata  anche una battaglia che va a favore di tutta la cittadinanza ed oltre. Ci sono al nostro cimitero circa 5.000 celle in queste condizioni, sicchè le domande di tombe/loculi nuovi dovrebbe diminuire, col vantaggio anche per il Comune di non dover allargare il Cimitero, nel territorio più panoramico di Milazzo. Chiarisco però che ho sfondato una porta chiusa solo localmente, perchè nei cimiteri delle Città più importanti d’Italia ( Palermo, Messina, Brindisi, Roma, Genova, Milano, Torino, ecc. ), la tumulazione di cassette di resti ossei e di urne cinerarie, nelle celle in questione, anche in presenza di un feretro, vengono regolarmente ammesse per due motivi: favorire il raggruppamento delle famiglie e risparmiare del territorio. Ovviamente spazio permettendo e rispettando un certo grado di parentela col concessionario. Anche questo l’ho detto e ripetuto ai signori del NO, senza alcun risultato».