Nonostante gli impegni milanesi, l’artista Tano Santoro ritorna a casa, porta la sua arte a Naso

Nato a Naso nel 1940, Tano Santoro porta con sé la forza delle radici nostrane e il respiro di chi guarda lontano. Figlio primogenito di una famiglia numerosa e colto fin da giovane da un’irresistibile tentazione verso il colore e la linea, decide nel 1960 di trasferirsi a Milano, dove affina la sua arte sotto la guida di Maestri riconosciuti (tra cui Pizzinato, Zancanaro, Motti e Scalvini), approfondendo soprattutto la tecnica dell’incisione.

Quella di Santoro non è pittura illustrativa, ma un’“architettura di emozioni”: nei suoi lavori emergono forme plasmate dall’amore per la vita umana, un artefatto di segni e luci che non tradisce il realismo, ma lo trasfigura .

A Naso nel 2018 la Pinacoteca di Naso ha inaugurato una mostra permanente dedicata a lui, un omaggio a quell’estro siciliano capace di “illustrare la sicilianità” e di restituire ai nebroidi il sorriso della propria identità.

Grandi tele di oltre due metri, incisioni, acqueforti: ogni opera parla con la delicatezza di una prosa visiva, un linguaggio che emoziona tanto nelle sfumature quanto nell’energia dei contrasti.

Santoro, con i suoi disegni che sembrano scolpire la luce, ha portato nel cuore di ogni spettatore “visioni senza titolo”: quadri elusivi, incantati, che invitano a fermare lo sguardo e a riflettere su quanto ciascuno porti dentro .

Un maestro, una memoria vivente

Dipingere, incidere, restare fedeli a un’infanzia che guarda al mare Nebroideo: Tano Santoro non è soltanto un artista, ma una voce testimoniale, un custode di bellezza, memoria e umanità sincera.

La sua opera non nasconde, ma illumina; non tradisce la forma, ma la trasfigura con calore e ricchezza interiore con quello che si può definire un tormento dell’anima.

Naso, nel suo ritorno a casa, lo ha accolto nel suo cuore, in un quotidiano fatto di saluti, caffè al bar, ricordi che è sempre un piacere condividere con lui che ha restituito alla bellezza dei Nebrodi la voce di un gigante gentile. Un percorso artistico, il suo, dai modi gentili che sa di emozione, di eternità.

Oggi lui aspetta ancora di lasciare il segno, pensando a cosa vorrà fare “da grande”: noi che o guardiano toccare le tele con i suoi pennelli, i suoi colori, il tratto grafico che ha volte si perde in eredità quasi futuristiche non possiamo far altro che ringraziarlo per averci insegnato che, spesso, le grandi opere nascono dal cuore vero di un paese: l’amore, l’attenzione, il rispetto per le proprie radici.

Ecco cosa significa fare arte. «In una visione più larga – come dice il Maestro – fatte di sfumature di azzurri e di verdi, di contrasti e sfumature che vanno oltre il senso dell’orizzonte».

Ecco chi è oggi Tano Santoro, un artistica con radici salde e ali pronte a volare.