Chissà che fine faranno i “Picciriddi nta Boccia” non appena verranno avviati i lavori di demolizione e ristrutturazione dell’ex Ospedale di Vaccarella. Una curiosità che gli abitanti del borgo marinaro milazzese hanno da sempre e ancora di più da quando, qualche giorno fa, l’Asp Messina diretta da Giuseppe Cuccì ha diffuso la notizia su una possibile e parziale riqualificazione della vecchia struttura abbandonata.
E’ ritornata così alla memoria la storia dei “Bambini nella Boccia”, i feti immersi nella formalina e sigillati dentro barattoli di vetro durante gli anni di attività del nosocomio. Chiuso ormai da cinquantatré anni.

La stanza antistante quella che all’epoca era la sala mortuaria della struttura ospedaliera sembra esserne piena. Alcune foto testimoniano tanti contenitori trasparenti disseminati a terra, alcuni sulla soglia di una porta aperta ed esposta alle intemperie ormai da anni. Prima sbarrata da una copertura in lamiera. Adesso non più.


Sospesi in un liquido che un tempo doveva essere cristallino, ora di colore giallognolo, fluttuano piccoli corpi che in alcuni casi sono anche ben formati. La soluzione chimica in cui sono immersi li ha mantenuti quasi immacolati, sbiadendo soltanto il colore della pelle.
Uno scenario che lascia senza parole. Tanti di questi barattoli, che con molta probabilità erano posizionati su uno scaffale e caduti in maniera casuale sul pavimento, sono rotti. Sembrano essere aperti. Con il liquido che dovrebbe essere formalina, utilizzata in passato in ambito sanitario e successivamente dichiarata tossica, sparso sul pavimento. Piccoli corpi probabilmente preda di gatti e cani che alla struttura abbandonata hanno ovviamente libero accesso.

Nel passato custodire i feti degli aborti spontanei, era una normale prassi. Una consuetudine. Venivano conservati per eventuali esperimenti medici. I feti, infatti, erano trattati come “oggetti” di interesse scientifico.

Quello che però non si capisce è perché non sono stati portati via quando l’ospedale è stato chiuso. Perché sono stati dimenticati. E soprattutto perché la struttura negli anni non è mai stata bonificata. All’interno, abbandonato, c’è anche un archivio cartaceo con tutti i dati anagrafici delle persone che hanno fatto ricorso alle cure dei sanitari dell’ospedale.
«Non sono a conoscenza di questa situazione – interviene il direttore generale dell’Asp Messina Giuseppe Cuccì – Avvio subito le opportune verifiche. Per questa struttura, come scritto nel comunicato, abbiamo richiesto un finanziamento per la riqualificazione. Vogliamo creare uno spazio fruibile per i cittadini con tanti spazi aperti e una piazza. La bonifica dell’aria è ovviamente in programma in coincidenza di questi eventuali lavori di ristrutturazione»

L’ex Ospedale di Vaccarella, diretto all’epoca dal professore Giovanni Pracanica fu dismesso e trasferito a Grazia nel 1972. Una soluzione adottata a causa del crescente numero di abitanti. I vecchi locali, infatti, non erano più in grado di soddisfare l’aumento delle richieste di assistenza ospedaliera. Nessuna ristrutturazione fino ad oggi, nonostante le promesse, è mai stata messa in atto. La struttura, a quanto pare, ha porte d’ingresso spalancate. Accedere non è difficile. Lo scorso gennaio a causa della pioggia è crollato un cornicione dalla facciata laterale. Il blocco di cemento è caduto nella viuzza laterale. La titolarità dell’immobile fatiscente, dopo un contenzioso decennale con il Comune di Milazzo, è dell’Asp Messina che ha tentato di venderlo più volte, invano. A frenare gli imprenditori è sempre stata l’incertezza della destinazione d’uso. Dopo la chiusura alcuni ambienti furono dati in concessione all’Aias che svolgeva attività di riabilitazione in regime di convenzione e fino ad alcuni anni fa altri ambienti hanno ospitato il Dipartimento di Salute mentale adesso trasferito a Giammoro.

«La presenza dei “Picciriddi nta Boccia” all’interno del vecchio ospedale è una cosa che qui sappiamo tutti. E per noi è sempre stata una presenza inquietante. Sono piccoli corpicini che meritano una degna sepoltura invece di restare abbandonati in questo modo. Sono lì da oltre cinquanta anni. Per noi cittadini, oltre la pericolosità, è anche una questione di ordine morale». Confessa un abitante del posto.

IL RACCONTO. La storia di questi barattoli è già venuta fuori in maniera eclatante intorno agli anni Novanta. Quando un gruppo di ragazzini entrò per gioco, allargando un buco già esistente su una parete, nella stanza dove ancora oggi ci sono questi contenitori. All’epoca fu necessario l’intervento dei Carabinieri, soprattutto perché questi ragazzini presero, spinti dalla curiosità, uno di questi barattoli e lo portarono fuori dalla struttura. Probabilmente per mostrarlo agli altri compagni.

«Quando eravamo bambini – racconta uno di loro – giocavamo all’interno del vecchio ospedale. Conoscevamo ogni suo angolo a memoria. Nell’atrio interno avevamo avuto il permesso di creare un campetto di calcio dove all’epoca aveva sede l’Aias. Un giorno io e i miei compagni aspettando il nostro turno per giocare cominciammo a girovagare dentro l’ospedale quando notammo un piccolo foro in un muro. Incuriositi ci chiedemmo cosa ci fosse al di là di quella parete. Cominciammo ad allargare il buco fino a che non si è creata un’intercapedine per poter entrare. Con attrezzi di fortuna (era buio pesto) accendemmo una specie di torcia ed entrammo. Capimmo subito che fosse la sala mortuaria dell’ospedale perché cercano due “letti” di marmo dove presumibilmente sdraiavano i cadaveri con un crocifisso appeso al muro. Alle spalle c’era una porta come una specie di ripostiglio, girammo l’angolo e trovammo molte di queste bocce di vetro accatastate. All’interno galleggiavo in formalina o sostanze similari feti prematuri. È stato terribile».
«Uscimmo da lì di corsa – continua – portando con noi però uno dei barattoli. Gli anziani del posto che ci videro correre e gridare capirono subito tutto. Ci fu spiegato che li non dovevamo più entrare perché vi era la seria possibilità di contrarre malattie. Arrivano i Carabinieri e il giorno dopo il buco fu murato con la promessa che l’area sarebbe stata bonificata prima possibile. E non si seppe più nulla».

Proprio così. Non si è saputo più nulla e la bonifica, a quanto pare, non è mai stata fatta. I “Picciriddi nta Boccia” sono ancora tutti lì. A galleggiare tra l’indifferenza di tutti.