Il tribunale di MessinaOperazione Beta, pesantissima condanna in primo grado per un dirigente del comune di Milazzo 23 Dicembre 2020 Cronaca 10 Commenti Il dirigente del Comune di Milazzo, Raffaele Cucinotta. (FOTO OGGI MILAZZO) Nove anni di reclusione. C’è anche la pesante condanna di un dirigente del comune di Milazzo nella durissima sentenza del processo di primo grado per l’operazione Beta che ha sconquassato quella zona grigia fatta di funzionari pubblici, imprenditori, prestanome e affaristi che dominavano le scene di appalti e lottizzazioni nella città di Messina. Si tratta dell’ingegnere Raffaele Cucinotta, vincitore di una selezione nella passata legislatura. Il tutto si basa sui verbali del pentito Biagio Grasso, prima imprenditore e poi colui che ha svelato i segreti di questo “mondo parallelo” tra mafia-politica-affari. Tra loro c’erano, accusati di concorso esterno all’associazione mafiosa, anche l’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dei costruttori di Messina, e l’avvocato d’affari Andrea Lo Castro. Poi anche, per corruzione, il tecnico comunale di Messina, l’ingegnere Raffaele Cucinotta, e l’imprenditore Rosario Cappuccio, per estorsione. I giudici dopo una lunga camera di consiglio hanno disposto complessivamente 21 condanne, che vanno dai 16 anni fino a un anno e 3 mesi. Ecco il dettaglio. Condannati a 2 anni e 8 mesi ciascuno Giuseppe Amenta, Domenico Bertuccelli, Salvatore Boninelli, Salvatore Galvagno, Carmelo Laudani e Salvatore Piccolo. Condannati a 13 anni Stefano Barbera e l’imprenditore Carlo Borella, ex presidente dei costruttori di Messina. Sono stati inoltre condannati il funzionario comunale Raffale Cucinotta a 9 anni, Silvia Gentile a 3 anni e 2 mesi, Guido La Vista a un anno e 3 mesi, l’avvocato Andrea Lo Castro a 14 anni, Franco Lo Presti a 3 anni, Fabio Lo Turco a 10 anni, Gaetano Lombardo a 3 anni e 6 mesi, Alfonso Resciniti a 2 anni e 6 mesi, Francesco Romeo a 16 anni, Pietro Santapaola e Vincenzo Santapaola (cl. 63) a 12 anni ciascuno, Ivan Soraci e Michele Spina a 12 anni e 8 mesi ciascuno. Sono stati invece assolti da tutte le accuse: Antonio Amato con la formula «perché il fatto non costituisce reato», e poi con formula piena, ovvero «per non aver commesso il fatto», Antonino Di Blasi, Giovanni Marano, Benedetto Panarello, Vincenzo Santapaola (cl. 1964), Filippo Spadaro e Paolo Lo Presti. I giudici hanno poi deciso il “non doversi procedere” per l’imprenditore Roberto Cappuccio, dopo che hanno proceduto alla riqualificazione del reato originario in “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni”, dichiarando il difetto di condizioni di procedibilità. L’ingegnere Cucinotta (per lui la Procura aveva chiesto una condanna a 8 anni e 6 mesi), nel corso dell’udienza, prima che il Pubblico Ministero procedesse con la sua requisitoria, aveva rilasciato dichiarazioni spontanee. Nel corso delle dichiarazioni – come riporta Stampalibera.it – ha più volte fatto riferimento alla copiosa documentazione probatoria, già depositata dalla difesa agli atti del dibattimento. In particolare l’ing. Cucinotta ha ribadito la volontà “di voler dare un contributo per provare a chiarire l’estraneità alla turbativa d’asta, in virtù del fatto che non è stata riscontrata nessuna sua azione esecutiva tesa a interferire con la procedura di acquisto degli alloggi popolari, avviata dal Comune di Messina con Avviso ricognitivo del 15.03.2014”. In premessa l’ingegnere ha evidenziato “di non avere mai posto in essere alcuna condotta per turbare la procedura di acquisto degli alloggi popolari, che mi è stata sempre estranea nella forma e nella sostanza, anche perché di competenza di altro Dipartimento rispetto a quello dove prestava servizio. Del resto – ha continuato l’ingegnere nelle dichiarazioni spontanee – la turbativa d’asta non può essere semplicemente comprovata con la mancata esclusione dell’offerta di Parco delle Felci, a causa della parziale proprietà del terreno, come riportato nel capo d’imputazione. Infatti è emerso – a seguito di una ispezione regionale – che quasi tutte le prime dieci offerte sono state inserite in graduatoria, al pari di Parco delle Felci, nonostante presentassero numerose ed analoghe irregolarità”. Inoltre l’ing. Cucinotta ha chiarito di non avere mai chiesto somme di denaro al sig. Grasso né al sig. Romeo e che “le uniche somme di denaro richieste al sig. Barbera si riferiscono alla restituzione di legittimi prestiti che l’ing. Cucinotta mi aveva erogato tra la fine del 2013 e il primo semestre del 2014, come risulta dagli assegni circolari e dagli estratti conto depositati agli atti del dibattimento”. Cucinotta ha poi definito le accuse nei suoi confronti del collaboratore di giustizia Biagio Grasso “inconsistenti, infondate e false”. Infine ha evidenziato come “non sia mai emersa alcuna sua azione esecutiva tesa a favorire interessi del sig. Grasso e del sig. Romeo” rimarcando come la sua attività di declassificazione del terreno di Parco delle Felci, cui erano fortemente interessati Grasso e Romeo, “abbia fatto perdere le precedenti caratteristiche di edificabilità”. “Questa declassificazione avrebbe quindi impedito il completamento dell’intervento edilizio, bloccando la futura realizzazione degli ulteriori 40 appartamenti originariamente previsti nei 4 corpi di fabbrica ancora da realizzare, causando un pesante danno all’unico intervento reale cui erano fortemente interessati il Grasso ed il Romeo in quel momento”. L’ing. Cucinotta ha voluto riaffermare “la sua più assoluta estraneità a tutti i capi di imputazione”. DIETRO LE QUINTE. Nella sentenza di condanna per l’Ingegnere Raffaele Cucinotta è prevista anche “l’estinzione del rapporto di lavoro” riferito evidentemente al comune di Messina con cui non ha però più legami. Al comune di Milazzo, probabilmente, si percorrerà lo stesso percorso. L’ultima parola tocca all’ufficio legale. 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