Il successo di Andrea Camilleri e del Commissario Montalbano passa da Milazzo. Ad ammetterlo è stato nel dicembre 2001 lo stesso scrittore siciliano scomparso ieri a 93 anni, con all’attivo decine di milioni di euro di copie vendute in tutto il mondo. Quando nessuno conosceva Camilleri (che rimaneva un apprezzato regista e produttore tra gli addetti ai lavori) a Milazzo la libreria Filoramo in sette anni riuscì a vendere 10 mila copie dei suoi libri. Un record forse nazionale. Al punto che lo stesso Filoramo ammise che grazie al “papà” del commissario Montalbano riuscì a superare i momenti bui legati alla crisi dell’editoria. La notizia, tramite il settimanale Centonove arriva a Camilleri. Così, un giorno di dicembre del 2001, viene recapitata una lettera a Filoramo…. Ecco il testo integrale dell’articolo scritto da Gianfranco Cusumano e pubblicato il 28 dicembre 2001 da Centonove.

Paolo Filoramo

«Grazie per avere creduto in me». La carta da lettera è semplice, nessun fronzolo o titoli in testa. La firma, però….nella firma è racchiuso tutto: Andrea Camilleri. Si, proprio, lui, quello del Commissario Montalbano.

«Io e Camilleri». Potrebbe essere il
titolo di un romanzo. Il romanzo della
vita di Paolo Filoramo, quarant’anni trascorsi dietro il bancone della sua libreria di Piano Baele, a Milazzo. Tra l’odore dei libri appena stampati e il sottofondo del chiacchiericcio mattutino. Pochi metri quadrati pieni di scaffali ricolmi di volumi variopinti, unica oasi felice per gli amanti della lettura: le altre librerie di Milazzo, nel tempo, sono state costrette a chiudere.

Paolo Filoramo, invece, ha resistito. Lui e Camilleri. Negli ultimi sette anni la libreria Filoramo ha venduto circa diecimila copie dei libri del celebre autore siciliano. Al punto da ricevere, qualche giorno fa, una lettera di ringraziamento scritta proprio dal celebre autore siciliano. Quando il “papà” del commissario Montalbano era uno sconosciuto, Paolo Filoramo vendeva centinaia di copie in cui si raccontavano gli intrecci gialli di Vigatà.

Un record per una piccola libreria di provincia, anzi, un puttuso di libreria, sette metri quadrati alle spalle del Municipio. «Conservo gelosamente la prima stampa di “Un filo di fumo”, il primo romanzo di Camilleri pubblicato da Garzanti – racconta Filoramo, 53 anni, capelli grigi e ciuffo ribelle – anche se i meriti non sono tutti miei ma di tre professori del Liceo Scientifico di Milazzo: Mimmo Mirabile, purtroppo scomparso, Lina Rizzo e Dario Russo. I primi libri che mi fecero “scoprire” furono “Il birraio di Preston, “La Forma dell’Acqua” e “Il cane di Terracotta”». Nel 96 il passa parola. Bastava entrare pochi minuti nella libreria, mostrare un atteggiamento titubante e il suggerimento arrivava spontaneo. «Deve fare un regalo? Lo conosce Camilleri?». Ed ecco che gli occhi cominciano a scintillare. Parte il racconto di una storia di Montalbano. La voce sale o scende di tono con studiata misura teatrale. La confezione regalo è già pronta. «Camilleri è uno sceneggiatore nato. Vivi quello che leggi. E’ questo il suo segreto. I motivi culturali, certo, sono importanti, ma quelli li lascio ad altri: io sono un libraio di provincia».

La pagina con l’articolo di Centonove

Il boom arriva nel ‘97 con il “Ladro di Merendine” e le ospitate al Costanzo Show. «Il più bello rimane “Il cane di Terracotta” – avverte il librario mamertino, una sorta di “istituzione assieme al fratello Giorgio, gestore dell’edicola adiacente e di Gaetano, proprietario di una cartolibreria – ci ha lavorato molto e si vede. Non è scritto di getto come qualche libro recente». Se la libreria ancora oggi esiste è grazie alle straordinarie vendite fatte dall’autore che ha consentito di superare i periodi più bui. «Proprio così – dice Paolo Filoramo – Milazzo nonostante i trentamila abitanti risponde solo in determinati periodi dell’anno. Le grosse vendite sono state legate agli esploit di Sciascia e della Fallaci. Harry Potter? Introvabile. Poco prima delle feste ne ho avuto una trentina di copie, sono sparite subito».

La lettera di Camilleri, venuto a conoscenza della storia del librario mamertino grazie a Centono- ve, é conservata su di un ripiano, accanto all’edizione a fumetti de “Il ladro di Merendine”. «Caro Paolo Filoramo, ho saputo della grande stima nei miei confronti, nata già prima del mio successo, coi miei primi libri; e della “scommessa” fatta coraggiosamente su di me e sul riconoscimento che tali libri avrebbero dovuto ricevere. Cosa posso dirle? Ne sono commosso. Chissà se allora – più regista che scrittore, e in cerca della mia maniera di raccontar storie – io stesso avrei potuto credere alla sua “preveggenza”? Ne dubito, anche se chiunque scriva non può che riporvi la speranza di essere letti, capiti e apprezzati. E per questo le sono grato da profondo». La busta viene custodita come una reliquia. «Più volte alcune associazioni hanno tentato di farlo venire a Milazzo per un convegno. L’ultima volta ci provò l’oculista Oscar Mezzano. Rispose che si doveva fare la dentiera». Ride Filoramo. Ad interromperlo un cliente. Mi scusi dovrei fare un regalo…». «Conosce Camilleri?

Gianfranco Cusumano

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Fabio
Fabio
4 anni fa

Ma vi sembra possibile che il buon Paolo Filoramo possa avere 53 anni come avete scritto nell’articolo?

Francesco
Francesco
4 anni fa
Reply to  Fabio

“Ecco il testo integrale dell’articolo scritto da Gianfranco Cusumano e pubblicato il 28 dicembre 2001 da Centonove”
Questa parte dell’articolo l’hai letta??

Pietro Lo Miglio
Pietro Lo Miglio
4 anni fa
Reply to  Fabio

Infatti li aveva nel 2001.
Non per difendere Gianfranco, ma per la verità.
Basta leggere bene l’articolo dove dice:
“…Ecco il testo integrale dell’articolo scritto da Gianfranco Cusumano e pubblicato il 28 dicembre 2001 da Centonove.”

Pietro Lo Miglio
Pietro Lo Miglio
4 anni fa

Il nostro Paolo Filoramo è un gioiello della nostra comunità.
Lo preciso anche per tutti coloro che comprano i libri al supermercato per lo sconto.
Tre giorni fa è andato via un grande siciliano, adesso chi avrà più il coraggio di scrivere in vigatese? L’ultimo sussurro nella nostra lingua, il siciliano, lo ha imposto lui, poi la nostra lingua finirà dimenticata.
Addio Maestro.