Ci sono anche due milazzesi tra i sei imputati di tentato omicidio in concorso che il 18 ottobre prossimo, davanti alla prima sezione collegiale di Reggio Calabria, dovranno difendersi dall’accusa di avere progettato del magistrato Federica Paiola, pubblico ministero in servizio alla Procura di Barcellona.

Dovranno essere processati Antonino Corsaro, 49 anni, originario di Reggio Calabria; Salvatore Veneziano, 24 anni, di Milazzo; Gaetano Scicchigno, palermitano di 62 anni; Carmine Cristini, nato a Cosenza 35 anni fa; Giovanni Fiore, 29 anni, di Milazzo; Marco Milone, 38 anni, messinese di Barcellona.

I sei avrebbero immaginato nel 2016 il disegno criminoso nel carcere di Gazzi ma l’attentato non si è verificato «per cause indipendenti dalla loro volontà, in quanto tale progetto criminoso veniva scoperto». Come scrive oggi la Gazzetta del Sud nell’edizione di oggi, le indagini della Squadra mobile di Messina e del Commissariato di Barcellona, coordinate dal procuratore aggiunto del Tribunale peloritano Giovannella Scaminaci (poi trasferite al di là dello Stretto), hanno individuato i ruoli: Corsaro, ritenuto «ideatore e istigatore, avrebbe chiesto a Veneziano «di fornirgli targa e macchina della Paiola», per poi girare «tali informazioni a Scicchigno», il quale «le comunicava (avvalendosi dell’attività lavorativa di commesso/magazziniere da lui svolta nella casa circondariale di Messina) ad altri soggetti rimasti ignoti». Corsaro avrebbe promesso «a Veneziano di procurargli le armi per commettere l’omicidio», segnatamente un «kalashnikov», mentre Cristini avrebbe fornito «suggerimenti in ordine alla modalità dell’azione», ossia «scaricare l’arma sull’autovettura». Come «esecutore materiale, Veneziano» avrebbe chiesto «altresì il consenso a Fiore e Milone, ristretti in carcere a causa di richieste cautelari provenienti dalla Paiola». Gli ultimi due avrebbero acconsentito. L’attentato era previsto sull’A20 Messina-Palermo, «in maniera spettacolare ed evocativa», con le finalità «di agevolare le associazioni mafiose». Bisognava «compiere l’omicidio per un miglioramento all’interno della criminalità organizzata».