ISTITUTO LEONARDO DA VINCI. Ogni anno, nei giorni tra il giovedì grasso ed il martedì grasso, ovvero l’ultimo giovedì e l’ultimo martedì prima della Quaresima, ha luogo una festa che risale ai tempi antichi: il carnevale, la festa delle maschere, delle parate, dei canti e dei balli. All’origine del carnevale c’è un antico rito riconducibile ai culti pagani, ma esso viene ancora festeggiato in moltissimi paesi cattolici, anche se con modalità che variano a seconda della collocazione geografica. A Cattafi, una frazione del comune di San Filippo del Mela che dista pochi minuti da Milazzo, l’allegoria del carnevale si intreccia con la storia di questo luogo: nel 1544 un’orda di Saraceni al comando di Hjerddis Barbarossa, ammiraglio di Solimano I, sbarcò in Sicilia e iniziò a saccheggiare e distruggere il territorio messinese. I pirati decisero di percorrere un’antica strada, detta “Cucugghiàta” (che esiste ancora) con l’intento di invadere il paese di Santa Lucia del Mela. Durante il tragitto, gli invasori vennero sorpresi e definitivamente “scacciati” da un gruppo di contadini cattafesi, armati di vanghe e forconi.

Per questo motivo, a questo manipolo di coraggiosi, comandati dal barone Giuseppe Balsamo, venne attribuito il nome di “Scacciùni”. Essi in seguito festeggiarono l’avvenimento appropriandosi degli abiti dei nemici sconfitti e trasformandoli in modo fantasioso. La maschera odierna dello “Scacciùni” è costituita da un gonnellino di stoffa portato sopra ad un pantalone corto, una camicia bianca ornata di nastri multicolori, scarpe, calze e guanti bianchi. Ma il particolare più interessante del completo è il lungo cappello a forma di cono, ricoperto di stoffa e ornato di lustrini preziosi, dalla cui sommità si dipartono lunghissimi nastri colorati. Questi personaggi sono armati di frustini di pelle di bue e si caratterizzano per il movimento veloce, infatti saltano e ballano la tarantella in modo frenetico. Un costume dello “Scacciùne” è stato recentemente donato al Museo delle maschere antropologiche di Tricarico (MT).

Attestati fin dal Settecento, gli “Scacciùni” sono le figure più emblematiche e misteriose del Carnevale. Essi sfilano sempre in numero dispari insieme ad altri personaggi, come le “Dàmi” e i “Cavaleri” che, su comando del “Capumàschira, si cimentano nei balli di coppia. Queste maschere sono precedute dagli “Spazzini” che hanno il ruolo di annunciare l’arrivo della sfilata e pulire la strada dove le coppie andranno a ballare, improvvisando talvolta piccole scenette divertenti. Assieme alle coppie danzanti, il “Capumàschira” dirige anche i “Musicanti”, che accompagnano la sfilata con la loro musica.

La cosa più curiosa è che la “Dàma” è in realtà un uomo vestito da donna, poiché in passato alle donne non era concesso partecipare alla festa. Nel gruppo di maschere troviamo poi le “Fìmmine”, ragazze che indossano abiti ornati di nastri colorati simili a quelli degli “Scacciùni” e ballano in gruppo, suonando i loro tamburelli. Al centro della sfilata c’è la “Fioràia”, simbolo di bellezza, giovinezza e “femminilità”, anch’essa interpretata da un uomo. Al termine di ogni ballo, il “Capumàschira” le grida di “fare il suo dovere” e lei si guarda intorno, cercando tra il pubblico una ragazza giovane e bella alla quale regalare un mazzo di viole.

La “Fioràia” è accompagnata dal “Caposcacciùni”, che ha il compito di proteggerla ed è l’unico a poter ballare con lei. Da qualche anno, la sfilata di maschere è seguita da un corteo in costume storico che rievoca la “cacciata” dei Saraceni.

Il carnevale di Cattafi si configura come un incontro di tradizioni che ha richiamato l’attenzione degli studiosi di etno-antropologia, anche perché, nell’edizione del 2018, ha ospitato maschere provenienti dalla Sardegna, dall’Abruzzo e dal Trentino. Grazie a questa interessante manifestazione, la piccola comunità di Cattafi ritrova la sua identità attraverso la difesa delle tradizioni e il recupero della memoria del suo antico e glorioso passato.

                                                                                                              DAVID IVASCU IV A

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