E’ stato il “regalo” di Natale 2015. La vicenda del fallimento delle banche del centro Italia salvate dal governo Renzi è l’ennesimo simbolo di una Italia che nonostante gli annunci non riesce a risollevarsi perché chi dovrebbe rappresentare una guida del Paese guarda ai propri interessi anziché a quelli della collettività. E così anche questa storia assurda che ha messo in ginocchio tanti onesti lavoratori ha una sua logica: operazioni discutibili o crediti in forte sofferenza, concessi spesso agli amici degli amici. Banca delle Marche, Banca Etruria, Carichieti e Carife, che dovevano essere il riferimento per molti risparmiatori dell’Emilia e delle Marche, oggi non solo hanno rovinato i cittadini ma hanno messo in discussione anche il rapporto di fiducia del sistema bancario col risparmiatore. E qualcuno torna a pensare che quei pochi soldi che detiene è forse meglio conservarli sotto il materasso! Ma vediamo cosa è accaduto alla luce anche delle ricostruzioni di queste ultime settimane. E’ lunga la storia della crisi di Banca Delle Marche, uno dei più importanti istituti del Centro Italia con sede legale ad Ancona. Dopo aver chiuso l’esercizio 2011 con un utile di 133 milioni, nell’anno successivo la banca inizia a navigare in cattive acque. Nei bilanci, infatti, c’è una montagna di crediti incagliati che devono subire una svalutazione per oltre un miliardo di euro. E così, l’esercizio 2012 si chiude con una perdita di ben 512 milioni di euro. La crisi della banca è frutto di una gestione allegra nella concessione di prestiti, da parte del consiglio di amministrazione e dell’ex-direttore generale, Massimo Bianconi. Già nel 2011, Bankitalia invia gli ispettori che poi decidono il commissariamento, per mancanza di adeguati controlli interni. I crediti incagliati sono infatti tantissimi e superano ampiamente i 3 miliardi di euro.

Iniziano nel 2011 anche le prime difficoltà della Banca dell’Etruria di Arezzo, la cui vicepresidenza era ricoperta dal padre di Maria Elena Boschi, ministro per le riforme istituzionali. Anche in questo caso, come per Banca delle Marche, il problema è rappresentato dai prestiti facili concessi. Tra il 2011 e il 2013, i crediti deteriorati o a rischio si ingigantiscono come un fiume in piena e arrivano a pesare per quasi un terzo su tutti gli impieghi dell’istituto. Per coprire i buchi di bilancio generati dai crediti in sofferenza, Banca Etruria comincia allora a mettersi in pancia un mucchio di titoli di stato italiani, realizzando anche ingenti profitti attraverso le operazioni di trading. Bankitalia boccia però queste operazioni “ballerine” che mettono a repentaglio la diversificazione del patrimonio e hanno il solo scopo di rimediare tardivamente ai danni compiuti in precedenza dal management. Nel 2015, l’authority di Via Nazionale decide il commissariamento dell’istituto dopo che, nei primi tre trimestri del 2014, le perdite hanno superato i 120 milioni di euro.

Con un provvedimento firmato dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, nell’autunno del 2014 viene commissariata anche la Cassa di Risparmio di Chieti (Carichieti). L’authority di vigilanza accerta infatti la presenza di sofferenze sui crediti per oltre 430 milioni di euro e perdite di bilancio previste per più di 300 milioni. Colpa di una gestione dei prestiti e degli affidamenti troppo disinvolta, prevalentemente a favore di personaggi del sistema imprenditoriale abruzzese, nel territorio tra le provincie di Chieti e Pescara. Più di 376 milioni di euro. E’ la perdita che si è ritrovata in pancia nello scorso esercizio la Cassa di Risparmio di Ferrara (Carife), dopo anni di malagestione. A provocare i buchi, sono state soprattutto alcune operazioni immobiliari sciagurate, effettuate a Milano.

Per tutti è arrivato il “manto della misericordia” di Matteo Renzi, ma a livello internazionale, basta leggere qualche piccola rassegna stampa, la reputazione dell’Italia esce ancora una volta a pezzi. Povero Stivale!

Gabriele Petrungaro I A Scient. Sc. App.

 Liceo Impallomeni