Armi, migliaia di proiettili di ogni genere, macchinette per la fabbricazione di cartucce, polvere da sparo, ogive. In via Isonzo, nella zona Bastione di Milazzo,  sta emergendo quello che tranquillamente può essere definito un arsenale delle cosche barcellonesi. I carabinieri del Reparto operativo di Messina stanno continuando a scavare in un terreno adiacente ad casolare nei pressi dell’ abitazione dell’ appuntato 48enne dei carabinieri Francesco Anania, arrestato e accusato di essere una “talpa istituzionale” della mafia del Longano. Un insospettabile: in servizio al nucleo scorte della Dda di Messina di recente aveva partecipato alla delicatissima operazione di cattura dei fratelli Calogero e Vincenzino Mignacca, i boss tortorciani arrestati in un casolare nelle campagne di Lentini, nel novembre dello scorso anno. L’operazione nascerebbe dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Carmelo D’Amico.

Il luogo del ritrovamento dele armi (foto Gazzetta del sud)

Un’operazione che ha portato all’alba di lunedì anche all’ arresto del figlio e del nipote di Anania, Cristian e Felice, con il primo accusato in prima battuta solo del possesso di circa 200 grammi di cocaina e di circa 300 grammi di marijuana. Cristian è già stato interrogato e scarcerato dal gip di Barcellona Anna Adamo, che ha ritenuto sussistente solo il reato di favoreggiamento reale a carico del giovane, restituendo gli atti alla Procura. Per quel che riguarda il carabiniere e il nipote Felice, accusati al momento della “custodia” dell’ arsenale (il militare con l’ aggravante di aver favorito la mafia) -come scrive la Gazzetta del Sud –  saranno sentiti oggi al carcere di Messina-Gazzi in presenza del loro difensore, l’ avvocato Pinuccio Calabrò, sempre dal gip Adamo, per l’ udienza di convalida dell’ arresto. Ci saranno anche i sostituti procuratori di Barcellona Francesco Massara e Giorgio Nicola. Ma probabilmente una parte di questi atti saranno trasmessi già oggi alla Distrettuale antimafia di Messina, ovvero al sostituto Giuseppe Verzera e ai colleghi Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo, i tre magistrati che stanno gestendo il pentimento del boss D’ Amico.