Il sindaco Carmelo Pino ha firmato una ordinanza urgente per ripulire dalle sterpaglie il Castello di Milazzo, l’area cimiteriale e Villa Vaccarino (la sede degli ex uffici giudiziari ospiterà l’assessorato ai Beni Culturali). L’ordinanza si baserebbe su motivi sanitari e di decoro. In particolare per il castello l’intervento si rende necessario poichè da metà mese l’accesso diventerà a pagamento. Proprio l’interno del maniero era diventato oggetto di una nota del Movimento Cinque stelle nella quale si denuciava che gli scavi archeologici sono invase da erbe (anche aromatiche) e sterpaglie. Le operazioni di scavo, costate circa due milioni di euro, hanno riportato alla luce il tessuto urbano che sino alla fine del Seicento caratterizzava l’abitato della cittadella fortificata, un insieme armonico di strette viuzze e di fabbricati pubblici e privati, dalle fondamenta dei quali sono state recuperate dalla Sovrintendenza ceramiche, stoviglie, pipe in terracotta e numerosi altri oggetti di uso quotidiano risalenti perlopiù all’età moderna. Proprio in questi mesi estivi, in cui l’afflusso dei turisti e dei visitatori raggiunge il suo apice, l’area in questione giace completamente avvolta dalle erbacce e dalle siepi, che hanno completamente avvolto ed oscurato le testimonianze archeologiche ed i viottoli lungo le ringhiere di protezione, inibendo persino il passaggio dei turisti e la consultazione, da parte di questi ultimi, della costosa cartellonistica illustrativa installata da Sovrintendenza e Comune.

Rosmarino invade viottolo adiacente agli scavi

«Comprendiamo benissimo le difficoltà economiche e logistiche del Comune – si legge in una nota – Comprendiamo meno, però, il motivo in base al quale, in occasione dei recenti interventi di scerbatura eseguiti al Castello malgrado le citate difficoltà, sia stata esclusa da qualsivoglia potatura proprio l’area archeologica, la quale, oltre a costituire un’autentica attrattiva turistico-culturale, rappresenta il risultato di un appalto finanziato con un cospicuo impegno di denaro pubblico (qualche milione di euro), appalto coronato peraltro da un interessante catalogo pubblicato qualche mese fa a cura della Sovrintendenza e impreziosito inoltre dall’istituendo Museo della Città Murata, che la Sovrintendenza, d’intesa col Comune, sta allestendo in una porzione dell’edificio conventuale per esporre in modo permanente i reperti rinvenuti nell’area archeologica in questione. Sinceramente ci sembra una vera e propria contraddizione allestire un museo, di appena 60.000 euro, quando contestualmente si abbandona l’annessa area archeologica costata alla collettività circa 2 milioni di euro».