Sotto il sole cocente si è svolta ieri la processione di Sant’Antonio di Padova la cui statua viene custodita all’interno della chiesetta scavata nella roccia a Capo Milazzo. Una processione per qualcuno “drammatica”. Programmata per le 16,30, con una trentina di gradi sotto il sole, dietro il simulacro guidato dal parroco della chiesa dell’Addolorata, don Gaetano Modesto, c’erano una decina di fedeli oltre alla banda musicale e ai mbuttaturi che si sono alternati tra malori e continue fermate tecniche. Il percorso da qualche anno è diventato lunghissimo: Dal promontorio al castello con il relativo ritorno. A raccontarlo è Matteo Di Flavia, presidente dell’associazione Stella Maris, uno dei pochi presenti al corteo religioso, da sempre assiduo frequentatori di riti religiosi.

i mbuttaturi prima della processione

“La tradizione deve essere preservata e la processione deve continuare ad esistere – precisa Di Flavia – ma non si può pensare di fare uscire il santo alle 16,30 dell’ultima settimana di giugno con un caldo africano. Così la tradizione scompare realmente. Ieri tanta gente ha avuto piccoli malori, abbassamenti di pressione tra i portatori della vara, capogiri tra i componenti della banda musicale». Di Flavia suggerisce una soluzione che ha già proposto a don Modesto. «Ridurre il percorso che oggi è uno dei più lunghi di Milazzo – dice Di Flavia – e poi farla in notturna, con la frescura, rendendo il percorso ancora più suggestivo. Addirittura si potrebbe ipotizzare di dividerlo in due. L’andata il sabato con permanenza della statua all’interno della chiesa del Rosario, e il ritorno l’indomani».