Dall’Ipercoop di Milazzo a Vanity Fair. La storia di Donatella 17 Agosto 2013 Rubriche Dall’Ipercoop di Milazzo a Vanity Fair, uno dei settimanali più venduti d’Italia. E’ successo a Donatella Aloisi, una della cassiere più professionali e cordiali dell’Ipercoop, all’interno del Parco Corolla. La toccante storia di Donatella, 36 anni, originaria di Messina, è diventata oggetto della rubrica “Todo Cambia – Storia di un lettore e del momento che ha dato la svolta alla sua esistenza”, a firma di Pino Corrias”, pubblicata a pagina 12 del numero 31 di Vanity Fair (in copertina Alessia Marcuzzi). Riportiamo integralmente il testo. Donatella Aloisi su Vanity Fair DONATELLA IN CERCA DI GIUSTIZIA Donatella Aloisi aveva 14 anni quando il killer venuto dalbuio sparò tre volte a suo padre uccidendolo. Stavano camminando insieme, dallo stadio verso casa. Era la sera del 27 gennaio 1991. Lui la teneva per mano e le aveva appena promesso che la domenica successiva le avrebbe regalato la bandiera della sua squadra del cuore, il Messina Calcio. Suo padre si chiamava Ignazio. Faceva la guardia giurata. Dodici anni prima aveva testimoniato contro uno dei rapinatori che avevano assalatato il suo furgone portavalori. Il rapinatore era stato condannato a 8 anni di carcere e aveva promesso di vendicarsi: quando esco ti uccido. Lo aveva fatto quella domenica sera, incurante della ragazzina che avrebbe voluto chiudere gli occhi. E che quella sera si risvegliò da bimba a donna. Ci furono le indagini e il nuovo processo. Ci fu la condanna del killer a 26 anni di galera, questa volta per omicidio. Donatella aveva vinto la sua battaglia in nome del padre e in nome di quel senso di giustizia che suo padre, morendo, le aveva insegnato. Invece no. Dopo due anni il colpevole da killer diventa pentito. Riempie verbali di confessioni di altri reati. Esce di galera protetto da una nuova vita. Ma non si scorda la sua vendetta. E questa volta dichiara che la vittima di quell’antico omicidio era sua complice: era il basista della rapina e lo aveva denunciato solo perché era insoddisfatto di come era stato diviso il bottino. Racconta Donatella: “Ero piena di furore. Non accontentandosi di averlo ucciso fisicamente, lo voleva infangare moralmente, prorpio comefa lamafia quando accanisce per cancellarti”. Il processo per calunnia le dà ragione. Gli altri membri della banda scagionano il padre di Donatella (e la sua memoria). Il killer – pentito viene condannato. Ma la calunnia viene cancellata dalla prescrizione. Così tutta la vita di Donatella continua a girare intorno a quel giorno in cui le venne strappato suo padre. Perché ora si tratta di difendere la sua storia e ottenere che anche il suo nome venga inciso nell’elenco delle “vittime di mafia”. E’ stato il dolore di quel giorno a darle la forza di continuare. Tornare a casa, tornare a scuola. Diplomarsi. Laurearsi in Scienze della comunicazione. Accontentarsi di fare la cassiera all’Ipercoop. Sposarsi, avere due figli. Sentirsi felice, ma anche inconclusa, almeno fino a quando la giustizia non sanerà quel dolore e quella beffa. Sempre continuando ad andare nelle scuole per raccontare quella fatidica scelta del padre: “Testimoniare invece di farsi i fatti propri, credere nella giustizia al punto di perdere la propria vita”. Lasciandole in eredità un esempio, e una ferita. PINO CORRIAS Condividi questo articolo Facebook Twitter Email Print Whatsapp Linkedin Visite: 3.143 CONTINUA A LEGGERE SU OGGIMILAZZO.IT