ANTEPRIMA. Poco più di mezzo milione di euro. E’ quanto dovrebbero rimborsare al Comune di Milazzo i politici che hanno votato nel 2001 la delibera con cui si aumentava da 54 a 200 mila lire il “gettone” di presenza per l’attività dei consiglieri. L’indiscrezione ormai gira da giorni negli ambienti politici e viene data per certa anche se ufficialmente le bocche sono cucite: in queste ore potrebbero essere notificate le citazioni in giudizio agli interessati. Se la notizia verrà confermata l’accusa della Procura dela Corte dei conti sarebbe quella di avere procurato tra settembre 2007 e aprile 2011 un danno erariale di mezzo milione di euro al comune di Milazzo “con inaccettabile, se non interessata, faciloneria nella interpretazione della disciplina di riferimento”.

palazzo dell’aquila

Nel mirino del sostituto procuratore della Corte dei conti, Alessandro Sperandeo, ci sono Alessio Andaloro, Maurizio Capone, Giuseppe Cattafi, Giuseppe Codraro, Franco Cusumano, Paolo De Gaetano, Giuseppe Di Natale, Pippo Doddo, Stefano Larini, Antonio La Rosa, Giuseppe Magistri, Peppe Marano, Giovanna Messina, Giacomo Micale, Santino Napoli, Francesco Rizzo, Paolo Rondone, Enzo Russo, Stefano Ruvolo, Stefano Salmeri, Orazio Saraò, Giovanni Crisafulli, Maria Rosaria Cusumano, Andrea Mondo, Maurizio Munafò, Gino Puglisi, e l’ex dirigente comunale Nino De Pasquale. A loro, nel mese di luglio, la Procura aveva notificato un atto in cui informava che è in corso un’attività istruttoria con il fine di accertare responsabilità amministrativo-contabili sulla vicenda e li invitava a far pervenire entro 30 giorni eventuali contro deduzioni. A far scoppiare il caso fu l’ex segretario generale di palazzo dell’Aquila, Giovanni Matasso, che si rifiutò di firmare la liquidazione delle somme dovute ai consiglieri per la partecipazione alle sedute consiliari e alle commissioni in quanto superiori a quanto consentito dalle normative. La vicenda fu portata all’attenzione della Corte dei conti che oggi ha individuato i consiglieri «che hanno contribuito positivamente ala formazione della delibera 114/2001» (quella che stabilisce gli aumenti da 54 a 200 mila lire a seduta) «non curanti dell’interesse pubblico alla sana gestione finanziaria…con grossolana superficialità». La deliberazione, che avrebbe causato il danno (114/2001), inoltre, sarebbe stata priva del parere contabile e di attestazione di copertura finanziaria e avrebbe trascurato «che la normativa di riferimento bloccava la spesa per il gettone di presenza ad un massimo di 60 mila lire, maggiorabile in misura non superiore del 10%». L’eventuale danno erariale, in realtà, sarebbe superiore al mezzo milione di euro, ma dal 2001 al settembre 2007 risulta prescritto. In realtà per gli interessati, che prima di rilasciare dichiarazioni in merito attendono che l’indiscrezione venga confermata, si tratterebbe di un abbaglio in quanto la normativa contestata (cioè il mancato rispetto del decreto legislativo 267/2000) non era stata recepita dalla Regione Siciliana dove, al contrario operava la legge 30/2000. A stabilire le indennità minime, invece, era il decreto del presidente della regione n. 19/2001.