Rimane in carcere l’imprenditore milazzese Enzo Pergolizzi coinvolto nell’operazione “Terzo livello” che nei giorni scorsi ha portato la Dia ad eseguire tredici misure cautelari emesse dal tribunale di Messina. Dopo l’interrogatorio di garanzia che si è tenuto stamattina il gip Tiziana Leanza  ha rigettato le richieste presentate dai legali che difendono Pergolizzi i quali chiedevano in primis la revoca della misura cautelare o, comunque, l’affievolimento della pena con l’applicazione dell’obbligo di firma o dei domiciliari.

Durante l’interrogatorio, Pergolizzi ha risposto nel dettaglio a tutte le domande chiarendo, dal suo punto di vista, le due vicende principali che lo vedono coinvolto nell’ambito dell’inchiesta. Ad avvalersi della facoltà di non rispondere gli altri indagati del filone milazzese: le figlie Sonia e Stefania (il gip ha confermato nel pomeriggio i domiciliari per Sonia Pergolizzi), Michele Adige (marito di Sonia);  Carmelo Cordaro; e Vincenza Merlino. Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

L’imprenditore, stando a quanto ricostruito dai magistrati della Dda di Messina, tra il 2015 e il 2016 aveva messo gli occhi su un terreno situato a Messina tra le vie Felice Bisazza e San Sebastiano. Appezzamento su cui avrebbe voluto costruire. L’area, di proprietà di privati, era adiacente a due spazi appartenenti al Comune, terreni che Pergolizzi avrebbe voluto acquisire. Per farlo c’era bisogno di spendere 77mila euro, ma soprattutto di ottenerne la «sdemanializzazione». L’iter, avviato oltre cinque anni prima, sembra però essersi arenato o forse addirittura mai partito. È qui che sarebbe entrata in gioco l’ex presidente del consiglio Emilia Barrile, protagonista principale dell’inchiesta. 

La presidente del Consiglio – contattata da Francesco Clemente (anche lui arrestato nell’operazione Terzo livello), ex dirigente comunale a Milazzo durante l’amministrazione del sindaco Lorenzo Italiano e da aprile a giugno assessore a Pace del Mela con l’aministrazione di Pippo Sciotto – avrebbe dimostrato sin da subito la propria volontà di agevolare gli interessi dell’imprenditore. Per farlo avrebbe alternato incontri con i dirigenti, solleciti e promesse di interventi in prima persona. Alla fine, il via libera alla sdemanializzazione arriva. E l’impegno di Barrile, secondo i pm, si sposta sulle autorizzazioni necessarie alla costruzione degli immobili voluti da Pergolizzi, che, dal canto suo, fa presente di volere trovare il modo per realizzare un piano in più rispetto a quanto previsto dal progetto. L’assiduità con cui tutte le parti in causa si interessano alla causa non basta però a portare a compimento il disegno, che fallisce per divergenze di carattere economico con la famiglia proprietaria dell’immobile. Tale epilogo, secondo i magistrati, avrebbe fatto sfumare per Barrile la possibilità di ottenere dei vantaggi diretti.

La seconda ipotesi di reato è legata ad attività svolte da Pergolizzi per eludere il fisco trasferendo beni alle figlie e a presunti prestanome.

Tutti gli indagati “milazzesi” sono difesi dagli avvocati Enzo Isgrò, Alberto Gullino e Pinuccio Calabrò (Merlino).