ESCLUSIVA. Il Comune di Milazzo deve abbattere la scuola elementare “Domenico Piraino” di San Giovanni, una delle più nuove e popolose della città. L’edificio di via Trimboli, infatti, sarebbe stato costruito dal Comune in un terreno mai espropriato “legittimamente”. A sostenerlo una sentenza del Tar di Catania. La causa è stata intentata dalla famiglia Faranda (il primo nome è Alberto), eredi di Maria Rosaria D’Amico per “l’utilizzo senza titolo di beni privati per scopi di interesse pubblico”. Il tribunale, nella sentenza dell’ottobre scorso (di cui si è scoperto l’esistenza solo oggi), “condanna il Comune di Milazzo a restituire ai ricorrenti previa riduzione in pristino, l’immobile occupato e a risarcire il danno per l’occupazione illegittima, ovvero in alternativa ad acquisire il bene e risarcire il danno derivante dall’occupazione illegittima…salva ogni altra ipotesi di acquisto del bene stesso». In sostanza o restituisce il terreno ripristinando lo stato originario dei luoghi (abbattendo l’immobile) o si ricompra la sua scuola. Operazioni che avrebbe dovuto fare entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza di ottobre.

La scuola di San Giovanni

Il comune di Milazzo guidato da Carmelo Pino, però, non è rimasto con le mani in mano. Con un atto di giunta del 31 dicembre scorso ha dato mandato al dirigente dell’Ufficio espropri, Vincenzo Cariddi Princiotta, e al funzionario Santina Mondello di accertare il valore degli immobili di via Trimboli per definire i costi di acquisizione; la giunta si è riservata di indicare i fondi di bilancio che eventualmente si renderanno necessari per dare copertura; ricorda nella delibera, altresì, che il comune è in dissesto dunque (per i pagamenti, ndr) si “dovrà tenere conto, nei termini e mei limiti degli appofodnimenti che si rendano necessari, delle competenze dell’organismo straordinario di liquidazione”. Naturalmente bisognerà capire la disponibilità degli eredi D’Amico.

AGGIORNAMENTO. La vicenda risale all’inizio degli anni ’90 quando l’Amministrazione del tempo interviene per supe-rare l’annoso problema dei doppi turni nelle scuole dell’obbligo cittadine. Approfittando della di-sponibilità di fondi statali si pianifica la realizzazione di altre tre edifici scolastici: a Ciantro, a San Pietro (scuola Carrubbaro) e appunto in via Trimboli nel quartiere di San Giovanni. E’ il 1992 quando il consiglio comunale approva una delibera per acquisire proprio nell’odierna via Trimboli “fondi privati specificamente destinati dal Prg ad edilizia scolastica”, riconoscendo il vin-colo della pubblica utilità. Viene avviata dagli uffici la procedura, ma poco prima di arrivare alla delibera di esproprio si verifica un intoppo. La direzione lavori dell’opera comunica al Comune la necessità di una variante al progetto che prevede una maggiore area da espropriare. Per evitare interruzioni ai lavori viene prodotta anche una scrittura privata dei proprietari dei terreni che autoriz-zavano il Comune ad occupare quell’ulteriore piccola porzione di fondo. I lavori procedono, la scuola viene ultimata ed inaugurata, viene realizzata persino la palestra. Ma tra Comune e privati si apre il contenzioso sulle somme da corrispondere per l’acquisizione dei terreni. Sostanzialmente i privati chiedono che a quelle aree venga attribuito un valore maggiore. E poi c’è il problema della particella aggiuntiva che il Consiglio comunale non aveva previsto nell’esproprio. Gli uffici comunali comunque completano le procedure col deposito vincolato della somma di 142 milioni di vecchie lire a titolo di indennizzo. La mancata intesa però determina il ricorso al Tar dei D’Amico-Faranda che non presentano neppu-re istanza per ottenere i soldi accantonati dal Comune. Gli anni scorrono veloci sino al pronuncia-mento dei giudici amministrativi che tarda ad arrivare ma che quando si materializza diventa pesan-te per palazzo dell’Aquila.